Il diritto di recesso, disciplinato dall’art. 2437 C.C., è un istituto giuridico che conferisce ai soci il potere di estromettersi dalla società in seguito all’approvazione di atti che modificano in maniera rilevante la struttura societaria, quali fusioni, scissioni o altre trasformazioni societarie.
Nel contesto di una scissione trasformativa mediante scorporo di società di capitali, il diritto di recesso assume una rilevanza fondamentale per i soci che non condividono la scelta di procedere alla ristrutturazione societaria.
La scissione trasformativa, anche detta “scissione totale“, consiste nell’operazione mediante la quale una società trasferisce tutto il proprio patrimonio a due o più società beneficiarie, che possono essere già esistenti o costituite ex novo.
Quando tale operazione comporta la divisione del patrimonio societario, ma la società scissa non cessa di esistere, si parla di scorporo.
In tale fattispecie, la scissione implica un trasferimento parziale delle attività e passività a favore di altre entità, lasciando inalterata la continuità della società scissa per le rimanenti attività.
L’esercizio del diritto di recesso in caso di scissione è disciplinato dall’art. 2437, comma 1, lettera a), del C.C., che attribuisce ai soci dissenzienti il diritto di recedere dalla società in seguito all’approvazione di operazioni straordinarie, tra cui la scissione.
A tal fine, è necessaria una delibera assembleare approvativa dell’operazione, la quale, in caso di disaccordo, consente ai soci di esercitare il diritto di recesso entro il termine di quindici giorni dalla data di approvazione della delibera.
Il diritto di recesso deve essere esercitato in maniera formale, mediante comunicazione scritta alla società, entro i termini previsti. Il valore della partecipazione del socio recedente è determinato sulla base del valore di mercato della società, con l’individuazione di una perizia di stima, che deve essere effettuata in conformità alle disposizioni di legge. In caso di scissione, il socio recedente può ricevere una liquidazione in denaro o, qualora previsto, una partecipazione nelle nuove società beneficiarie della scissione, in conformità alle modalità previste dal piano di scissione.
Non tutti i soci hanno diritto di recedere in caso di scissione. L’art. 2437, comma 3, del C.C. esclude il diritto di recesso nei casi in cui la scissione non comporti una modificazione sostanziale del rapporto sociale, come nel caso in cui la scissione abbia luogo in un contesto di mera riorganizzazione interna, senza incidere in modo significativo sul valore delle partecipazioni societarie. Inoltre, in alcune circostanze, il diritto di recesso può essere limitato o escluso, ad esempio, nel caso di scissioni che riguardano società quotate in borsa, ove la regolamentazione in materia di diritti dei soci può essere oggetto di specifiche disposizioni.
In conclusione, il diritto di recesso nella scissione trasformativa mediante scorporo delle società di capitali rappresenta una forma di tutela per i soci dissenzienti, consentendo loro di separarsi dalla società e di ottenere un’indennità corrispondente al valore delle proprie quote.
La disciplina normativa, pur offrendo una protezione ai soci, stabilisce limiti e condizioni specifiche per l’esercizio del diritto, al fine di garantire che l’operazione di scissione non danneggi gli interessi dei soci e della società stessa.