RLF Express 10-2023: Commento alla Sentenza Cassazione civile sez. III – 09/05/2019, n. 12239
Con la sentenza n. 12239 del 09 maggio 2019, la Corte di Cassazione ha stabilito che “in tema di prescrizione, l’effetto interruttivo permanente determinato dall’introduzione del processo esecutivo si conserva, agli effetti dell’art. 2945, comma 2, c.c., quando la chiusura della procedura coattiva consista nel raggiungimento dello scopo della stessa ovvero, alternativamente, il suddetto scopo non sia raggiunto ma la chiusura del procedimento sia determinata da una condotta non ascrivibile al creditore procedente, mentre, in ipotesi opposta a quest’ultima, a norma dell’art. 2945, comma 3, c.c. l’effetto stesso resterà istantaneo”.
Il caso posto all’attenzione degli Ermellini riguarda un’ipotesi di chiusura anticipata del processo esecutivo, quale conseguenza del mancato rinnovo nel termine di legge della trascrizione del pignoramento, riconducibile alla condotta inerziale del creditore, con successiva conferma della decisione da parte della corte d’appello territoriale, la quale ha ritenuto trascorso il termine di prescrizione tra il pignoramento immobiliare trascritto nel 1989 e il nuovo precetto notificato nel 2011.
Nella parte motiva la Suprema Corte ha richiamato una sua precedente decisione (Cass., 25/03/2002, n. 4203) in virtù della quale tra gli atti interruttivi della prescrizione viene in rilievo anche quello con cui si introduce il processo esecutivo (art. 2943 c.c., comma 1): a questo atto l’art. 2945, comma 2, c.c. attribuisce l’effetto interruttivo permanente sino a quando il procedimento coattivo stesso giunga a un risultato che possa considerarsi equipollente a ciò che la medesima norma individua, per la giurisdizione cognitiva, nel passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio.
Tale risultato si verifica quando il processo di esecuzione abbia fatto conseguire al creditore procedente l’attuazione coattiva, in tutto o in parte, del suo diritto, oppure, quando la realizzazione della pretesa esecutiva non sia conseguita per motivi diversi dall’estinzione del processo, come ad esempio, la mancanza (o l’insufficienza) del ricavato delle vendita, la perdita successiva del bene assoggettato ad espropriazione, ecc..
Va, inoltre, evidenziato che quando penda il processo, anche esecutivo, la condotta del creditore non può dirsi inerziale e quindi rilevante ai fini dei riflessi sulla persistenza del diritto.
Nel momento in cui quel processo si chiuda per mancanza d’iniziativa del creditore, a norma dell’art. 2945 c.p.c., comma 3, allora quella permanenza dell’effetto viene meno, e dunque, l’originario atto interruttivo riprende un effetto istantaneo.
Pertanto, l’ipotesi di chiusura anticipata quale conseguenza del mancato rinnovo nei termini della trascrizione del pignoramento, sebbene ulteriore e distinta rispetto al novero delle fattispecie estintive codicistiche, rientra nella categoria delle dinamiche conclusive del procedimento riconducibili a inerzia del creditore.