“La rilevazione della nullità – sia pure d’ufficio – presuppone che la parte abbia tempestivamente allegato, nel corso del giudizio di merito, le circostanze fattuali tali da consentire la rilevazione medesima (v. di recente Cass. n. 16102/2024), poiché anche la rilevazione d’ufficio della nullità per violazione di norme imperative ha come condizione che i relativi presupposti di fatto, sebbene non dedotti sotto forma di eccezione della parte interessata, siano stati acquisiti al giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie (v. ex aliisCass. n. 4867/2024, Cass. n. 34053/2023)”.
Questo è il principio ribadito dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 17 gennaio 2025, n. 1170.
All’esito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, i fideiussori proponevano appello avverso la sentenza di primo grado, eccependo nel corso del giudizio la nullità derivata delle fideiussioni in quanto redatte secondo lo schema predisposto dall’ABI per violazione della legge numero 287/1990.
La Corte d’Appello competente rilevava l’infondatezza dell’eccezione per difetto di prova: “Ad avviso della Corte l’eccezione di nullità con specifico riguardo alle clausole di cui agli articoli 2, 6, 7 e 8 dello schema predisposto dall’Abi recepite nella fideiussione sottoscritta dagli appellanti, non era fondata in quanto, per un verso nel corso del giudizio di primo grado e neppure con l’atto di appello era stato mai lamentato alcuno specifico pregiudizio alle libertà contrattuali dei fideiussori conseguente all’intesa restrittiva della concorrenza, dall’altro verso non era stata dimostrata la partecipazione di Italfondiario a tali intese restrittive ovvero che la fideiussione stipulata rispecchiasse il contenuto di intese anticoncorrenziali”.
La sentenza veniva, quindi, impugnata con ricorso per Cassazione.
In merito alla nullità delle clausole fideiussorie per pretesa violazione della legge n. 287/1990, che avrebbero dovuto comportare, a dire dei ricorrenti, la declaratoria di nullità del contratto di fideiussione, gli Ermellini ribadiscono che “i contratti di fideiussione “a valle” di intese dichiarate
parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della L. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge citata e dell’art. 1419 c.c. […] (salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti (Cass. Sez. un. n. 41994/2021)”.
Ai fini della declaratoria di nullità, anche officiosa, delle clausole che violano l’intesa anticoncorrenziale, è necessario che dagli atti di causa risultino tutte le circostanze fattuali necessarie alla sua integrazione (cfr. Cass. n. 30383/2024):
- l’esistenza del provvedimento della Banca d’Italia;
- la natura della fideiussione omnibus, perché soltanto rispetto a tale tipologia contrattuale l’accertamento della Banca d’Italia ha efficacia probatoria privilegiata;
- il dato temporale di stipula della fideiussione ai fini della prova dell’intesa anticoncorrenziale;
- la concreta ricaduta della nullità delle clausole contrattuali sulla sussistenza, in tutto o in parte, del debito gravante sul fideiussore.
Nel caso di specie, i Giudici di legittimità hanno dichiarato l’inammissibilità della domanda considerato che “dal ricorso in cassazione non risulta né il dato temporale concernente l’epoca della stipulata la fideiussione, e tantomeno i ricorrenti specificano quale delle clausole in questione avrebbe influito sul credito fatto valere dalla banca”, con conseguente condanna alle spese.