Rapporto tra ufficiale giudiziario e autorità giurisdizionale nel processo esecutivo – RLF Express 27-2024

Con una recente ordinanza del 23 maggio 2024 n. 14478, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul complesso rapporto tra l’ufficiale giudiziario e l’autorità giurisdizionale competente, e più precisamente se può l’ufficiale giudiziario rifiutare una richiesta di pignoramento per l’assenza, in capo all’istante, di un valido titolo esecutivo.

L’ufficiale giudiziario è qualificato, dalla legge, come organo ausiliario dell’ordine giudiziario (vedi D.P.R. 15/12/1959 n. 1229), il quale ai sensi dell’art. 59 c.p.c. “assiste il giudice in udienza, provvede all’esecuzione dei suoi ordini, esegue la notificazione degli atti e attende alle altre incombenze che la legge gli attribuisce”, pertanto, è sprovvisto dei poteri giurisdizionali spettanti in via esclusiva ai magistrati ex art. 102 Cost.

Ebbene, alla luce della richiamata normativa, appare evidente che l’ufficiale giudiziario non ha alcun potere di controllo sulla regolarità formale del titolo esecutivo.

Anzi ai sensi dell’art. 60 c.p.c. l’ufficiale giudiziario è civilmente responsabile: “1) quando senza giusto motivo, ricusano di compiere gli atti che sono loro legalmente richiesti oppure omettono di compierli nel termine che, su istanza di parte è fissato dal giudice dal quale dipendono o dal quale sono delegati; 2)…”.

Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione su ricorso dell’ufficiale giudiziario, quest’ultimo si era rifiutato di eseguire il pignoramento richiesto sulla base di un’ordinanza ex art. 510 c.p.c., munita di formula esecutiva, ritenendo che tale titolo non fosse idoneo a fondare l’azione esecutiva promossa dal creditore.

Ma come ribadito anche dagli ermellini, una volta che il titolo viene notificato, eventuali difetti formali dello stesso possono essere oggetto di controllo da parte del giudice a seguito delle tempestive opposizioni ex art. 615 comma 1 e 617 c.p.c., pertanto è escluso che tale controllo possa essere eseguito dall’ufficiale giudiziario prima di effettuare il pignoramento.

A tanto aggiungasi poi, che l’apposizione della formula esecutiva, presuppone un controllo sulla regolarità formale del titolo ai sensi dell’art. 153 disp. att. c.p.c., volta a garantire l’idoneità del titolo a fondare l’azione esecutiva, pertanto, l’ufficiale giudiziario non può andare a sindacare l’accertamento condotto dal cancelliere e/o dal notaio.  

La Corte di Cassazione, nel caso di specie, ha ribadito la funzione di organo ausiliare del giudice dell’ufficiale giudiziario, precisando che quest’ultimo “può rifiutare la notifica dell’atto di pignoramento solo quando il documento presentato per l’avvio dell’azione esecutiva sia manifestamente carente dei requisiti formali prescritti ad un punto tale da impedire la sua astratta riconduzione a qualsivoglia tipologia di titolo esecutivo; non possono, invece essere riconosciuti all’ufficiale giudiziario poteri di controllo sulle condizioni formali relative al quo-modo della procedura, la cui verifica è comunque riservata al giudice, sempre che questo sia investito di una tempestiva opposizione ex art. 617 c.p.c.”.

Gli ermellini per le ragioni esposte hanno rigettato il ricorso per cassazione promosso dall’ufficiale giudiziario, confermando la sentenza di primo grado che condannava ex art. 60 c.p.c. l’ufficiale giudiziario al risarcimento del danno nei confronti del creditore procedente, per avere lo stesso rifiutato di eseguire il pignoramento in assenza di un titolo a suo dire inidoneo a fondare l’esecuzione, mentre l’appello veniva dichiarato inammissibile.

In conclusione, l’ufficiale giudiziario, quale organo ausiliare del giudice, in presenza di un titolo munito di formula esecutiva non può rifiutarsi di eseguire un pignoramento, andando a sindacare su questioni afferenti la regolarità formale del titolo e/o l’inidoneità del titolo a fondare l’azione esecutiva, in quanto allo stesso non compete alcun potere di controllo sull’attività della cancelleria, e né può sostituirsi al giudice, sollevando eccezioni che neppure quest’ultimo può sollevare ex officio.

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