Limiti di responsabilità tra banca e cliente in caso di errori nell’esecuzione del pagamento – RLF Express 23-2024

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 21105/2024 del 29 luglio 2024

Con ordinanza n. 21105 del 29 luglio 2024 la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui la banca non è sempre responsabile in caso di errore nell’indicazione dell’IBAN.

Il caso in esame riguarda un cliente che dispone, per sbaglio, un bonifico bancario ad un IBAN errato, ossia non coincidente con il beneficiario. La Banca provvede ad eseguire il pagamento secondo le istruzioni fornite dal cliente.

Successivamente il cliente agisce per il risarcimento nei confronti della Banca non avendo quest’ultima effettuato gli opportuni controlli tra IBAN e beneficiario.

Secondo la Corte, in capo alla Banca non sussiste alcuna responsabilità, ritenendo quale normativa rilevante quella applicata dal decreto legislativo n.11 del 2010, art. 24, ed evidenzia che ”sia il collegio di coordinamento che la Corte di Giustizia hanno accolto l’interpretazione secondo la quale il comma 3 dell’art. 24 esonera entrambi gli intermediari dall’eseguire il controllo di congruità e, di conseguenza, esclude la loro responsabilità per tutte quelle operazioni eseguite secondo l’IBAN indicato dal pagatore, gravando, invece, su quest’ultimo l’onere di controllare la correttezza dei dati dell’operazione e, in particolare, dell’IBAN, unico elemento necessario per la sua regolare esecuzione.”

La Banca può essere ritenuta responsabile nel caso in cui l’errore è talmente evidente da rendere impossibile eseguire il bonifico (ad esempio, l’IBAN che è stato inserito ha una lunghezza errata oppure contiene caratteri non numerici) oppure se la banca, non ha provveduto ad adottare tutte le misure necessarie per prevenire l’errore, nonostante avesse gli strumenti per verificare l’esattezza dell’IBAN. La responsabilità della banca è legata al suo dovere di diligenza nel verificare la correttezza delle disposizioni impartite dal cliente.

La Corte precisa, altresì che “il diritto europeo ha effettuato una scelta esplicita nel senso di uniformare le prassi in uso nell’industria dei servizi di pagamento sulle procedure di trasferimento dei fondi previste dallo schema SEPA, basate sul principio che il conto di destinazione del bonifico s’individua tramite il solo IBAN, al fine di consentire il trattamento completamente automatizzato dell’ordine di bonifico secondo gli standards elaborati dal consorzio interbancario SWIFT”, di conseguenza  “richiedere l’esecuzione del controllo di congruità tra Iban e titolare del conto d’accredito implicherebbe ancora un intervento manuale nella realizzazione dell’operazione di pagamento, poiché un funzionario dell’intermediario ricevente dovrebbe verificare gli ordini recanti informazioni incoerenti bloccati dal sistema informatico, al fine di verificare se l’incongruità sia irrilevante, oppure costituisca effettivamente un indice di anomalia (altrimenti, si avrebbe lo storno sistematico di tutti i bonifici in cui il nome del beneficiario presenti una qualsiasi differenza con i dati anagrafici posseduti dalla banca di destinazione, con inconvenienti non trascurabili se tale prassi fosse adottata in modo generalizzato in tutti gli Stati membri. Sulla base di queste considerazioni sistematiche, è diffuso convincimento che la direttiva in questione abbia introdotto un nuovo standard di comportamento per tutti gli intermediari coinvolti nell’esecuzione di un bonifico, volto a promuovere l’operazione esclusivamente sulla base dell’identificativo unico fornito dall’ordinante, senza necessità di effettuare alcun riscontro con le ulteriori informazioni eventualmente contenute nell’ordine”.

La Corte di Cassazione si è espressa, pertanto, ritenendo che non sussiste alcuna responsabilità in capo alla banca in quanto grava sul pagatore l’onere di verificare la correttezza dei dati dell’operazione, nonché dell’Iban, essendo l’unico elemento che individua il conto di destinazione del bonifico.

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