Interessi anatocistici e ultralegali: onere della prova. – RLF Express 19-2024

Con una recentissima ordinanza pubblicata il 02/05/2024 numero 11735 la Corte di Cassazione ha confermato l’orientamento, che va sempre più consolidandosi negli ultimi anni, secondo cui, nel caso di azione di accertamento e di ripetizione promossa dal correntista, l’onere probatorio incombe in capo a quest’ultimo, che dovrà fornire la fonte contrattuale dell’obbligazione e gli estratti conto. 

Infatti, secondo l’articolo 2967 c.c. l’attore che vuole far valere un proprio diritto, deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, mentre il convenuto che eccepisca l’inefficacia di tali fatti deve provare a sua volta i fatti sui quali si fonda la propria eccezione.

Sulla base del principio operante nel nostro ordinamento, secondo cui l’onere della prova viene ripartito tra le parti interessate distinguendo tra fatti costitutivi ed estintivi, si è mossa tutta la giurisprudenza più recente sia di merito che di legittimità in tema di riparto dell’onere della prova in materia di anatocismo ed interessi ultralegali.

Nel caso della suindicata ordinanza, i correntisti convenivano innanzi al Tribunale di Salerno la banca, chiedendone la condanna alla restituzione delle somme indebitamente pagate sul conto corrente, a titolo di interessi ultralegali, dell’applicazione dell’anatocismo e di commissioni, previo accertamento della nullità delle relative clausole del contratto di conto corrente.

Con sentenza del 2015, il Tribunale dichiarava la nullità delle pattuizioni determinative degli interessi convenzionali ultralegali, della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e di corresponsione delle c.m.s. relativa al contratto di c.c., condannando la banca alla restituzione dell’indebito nei confronti degli attori, oltre che degli interessi.

Avverso la predetta sentenza la banca proponeva appello presso la Corte D’Appello territorialmente competente, la quale, in totale riforma della sentenza impugnata, rigettava le domande degli attori, osservando che parte attrice non aveva assolto l’onere della prova, non avendo depositato il contratto di conto corrente, producendo parzialmente gli estratti conto. Precisava, altresì, che le conclusioni del c.t.u. non erano condivisibili in quanto la ricostruzione del saldo era stata fatta senza conoscere i tassi pattuiti, per la mancata produzione del contratto e di tutti gli estratti conto.

I correntisti hanno presentato ricorso in Cassazione, la quale ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza della Corte d’Appello, che asseriva la fondatezza dell’impugnativa proposta dalla banca sull’accoglimento della domanda d’indebito, in quanto non avendo gli attori prodotto parte della documentazione bancaria ed il contratto, non era stato possibile ricostruire esattamente le movimentazioni contabili, ed il c.t.u. aveva utilizzato le schede contabili prodotte per colmare la carenza  di numerosi estratti conto emessi dalla banca, che però la Corte di Appello aveva ritenuto privi di rilevanza probatoria ai fini della dimostrazione dei movimenti affluiti sul conto. La recente ordinanza richiama un principio espresso dalla medesima Corte di Cassazione con la sentenza n. 23852/2020, secondo cui i rapporti bancari di conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatonistici a carico del correntista e si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, la proposizione di contrapposte domande da parte della banca e del correntista implica che ciascuna delle parti sia onerata della prova della propria pretesa.

Pertanto, in assenza di elementi di prova per accertare il saldo nel periodo non documentato, deve procedersi alla determinazione del rapporto di dare e avere, con riguardo al periodo successivo, documentato dagli estratti conto, procedendosi all’azzeramento del saldo iniziale del primo di essi.

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